GUNNAR NORDAHL E STEFANO NYERS

Il Bisonte e lo Zingaro

Dal 1950 al '55, in sei campionati, Gunnar Nordahl ha vinto cinque volte la classifica dei cannonieri arrivando una volta secondo dietro la juventino Hansen. Uomo di punta del famoso trio milanista Gre-No-Li (Green, Nordahl, Liedholm) lo chiamavano il "bisonte" per l'imponente figura atletica e per un caracollare pesante ma rapido: avrebbe sicuramente alzato alte nuvole di polvere, se i campi non fossero stati erbosi. Quegli attacchi feroci e inarrestabili, si concludevano quasi sempre con tiri contro cui niente potevano i portieri. L'apocalisse. Nordahl è stato il più efficace uomo-gol mai apparso sui campi di gioco italiani. C'era anche lui, nell'esercito di fuoriclasse in marcia verso Roma, alle fine degli anni '50, ma era uno degli eroi feriti e stanchi. Aveva ormai trentacinque anni, cercava nell'accampamento una tenda sotto cui riposare, disputò 30 gare segnando tredici gol, e tutto finì lì: l'anno dopo furono solo rare apparizioni sofferte, e due pallidi gol di addio. Lo zingaro Stefano Nyers aveva invece trent'anni e non si sentiva stanco. E non si sentiva neppure zingaro, e infatti non lo era. Era estroverso, intelligente, coltivava un'aria misteriosa per apparire più interessante. Un momento avventuroso e giorni fuggiaschi, all'inizio c'erano stati davvero, ed erano le radici del mistero che Nyers alimentava. La guerra aveva corretto i confini tra Jugoslavia e Ungheria, Nyers si era trasferito a Budapest, aveva sposato Anna. Iniziata la carriera ca1cistica, decise di cercare fortuna altrove e organizzò la fuga, destinazione Praga. Trovò posto su un camion militare cecoslovacco, ma Anna dovette dare a un soldato la sua pelliccia. Tramite un osservatore, a Praga -dove giocava nel Victoria- fu scovato da Helenio Herrera che organizzò un'altra fuga, stavolta in aereo. Nyers raggiunse così Parigi, dove fu tesserato dallo Stade Francais che Helenio appunto allenava.
Quando Giulio Cappelli, consigliere tecnico dell'lnter, mandò un osservatore, il referto fu singolare: «Non ho potuto giudicarlo bene perché ogni volta che prendeva la palla la gente si alzava in piedi per l'entusiasmo, e copriva tutta la scena». Nyers era questo, la sua azione travolgente prometteva soluzioni risolutive e scatenava entusiasmi. E segnava, Nyers, segnava a ripetizione. Vinse la classifica dei cannonieri prima di Nordhal, appena venuto in Italia. E dietro il bisonte, finì due volte: insomma, il gol era soprattutto una faccenda loro: Nordahl per parte milanista, Nyers per parte interista. A Roma giocò molto, in due stagioni, ma il suo scatto si era appannato e anch'egli era ormai alla ricerca di rifugi definitivi: segnò venti gol in tutto: né tanti, né pochi. Vive a Bologna, continua a fare il misterioso, é inafferrabile come quando giocava.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

 

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